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CLAUDIO CAPOTONDI - Al verso e al contro - Seravezza (Versilia -Lucca) Palazzo Mediceo, dal 18 giugno 2005 al 24 luglio 2005

CLAUDIO CAPOTONDI - Al verso e al contro

Seravezza - Palazzo Mediceo
dal 18 giugno 2005 al 24 luglio 2005

   Capotondi si è come consacrato alla pietra e ai marmi, prediligendo le varietà più ostiche e dure. Intendo il granito, il basalto e il porfido, che rappresentano per lui il magma oscuro della psiche da domare, il buco nero dell'universo da penetrare per far emergere alla luce i nuclei vitali sommersi, anticorpi provvidenziali allo smarrimento del mondo contemporaneo.
Nel granito, nel basalto, nel porfido, per la loro durezza, meglio si esprime, anzi si esalta, il desiderio di Capotondi di misurarsi con la materia formulando ipotesi plastiche al limite delle possibilità di risoluzione, e in ogni caso molto impegnative sul piano concreto della fatica fisica più volte ricordata, nonostante il non indifferente ausilio dell'attrezzatura moderna. Attrezzi di cui gli scultori del Rinascimento non potevano disporre, ovviamente, quando fu riscoperta l'arte di lavorare il porfido, che Vasari attribuisce a Francesco Ferrucci da Fiesole, detto il Tadda. Domenico Gnoli, nel capitolo dedicato ai porfidi del suo "Marmora Romana", riferisce che una testa di Gesù scolpita in porfido dal Tadda, «... fu grandemente ammirata da Michelangelo, che, scoraggiato dalla durezza della pietra, aveva poco prima rinunciato all'incarico di restaurare la grande vasca porfiretica donata da Ascanio Colonna al Papa. "E Michelangiolo (dice il Vasari) pur avvezzo alla durezza de' sassi insieme cogli altri se ne tolse giù, né se ne fece altro"». Capotondi ha raccolto da tempo la sfida di affrontare de visu e con le proprie mani munite di attrezzi moderni il porfido e gli altri campioni lapidei di durezza, che oppongono comunque una resistenza estenuante, e impongono tempi esecutivi lunghissimi. Per questa ragione le trentuno sculture esposte sono, nel loro complesso, una straordinaria testimonianza di dedizione che non può (non dovrebbe) passare inosservata e non dovrebbe costituire un insegnamento estetico e morale, anche se ci sono molte ragioni per dubitare che il nostro tempo, così distratto e fatuo, possa coglierne e in qualche modo assimilarne il messaggio.

Nicola Micieli Pisa, maggio 2005

 

• Claudio Capotondi Nato a Tarquinia nel 1937, ha vissuto e lavorato a Roma (1962-1999), New York (1984-1989) e dal 1973 è presente a Pietrasanta dove realizza personalmente le proprie sculture, con l'assistenza degli artigiani della Bottega Versiliese.

• È stato segnalato nel Catalogo Bolaffi Scultori: da Giuseppe Marchiori (1972), da Giorgio Di Genova (1977) e da Fortunato Bellonzi (1984).
• Nel 2000 ha ricevuto il Premio Michelangelo Città di Carrara.

• Ha partecipato a diverse rassegne collettive in Italia e all'estero, fra cui: "Dieci Nuovi Scultori Italiani" Lissone 1965, "Prospettive 1" Palazzo dei Diamanti Ferrara 1966, "Symposion Lindabmnn" Museo Secessione Vienna 1969, "Scultori Italiani Contemporanei" Palazzo Reale Milano 1971, "Bronzetto Italiano Contemporaneo" itinerante in diversi Musei del mondo 1971-1983, "Idiomi della scultura Contemporanea" Sommacampagna 1984, "Scultori Laziali" Musei di Mosca e Leningrado 1989, "Scultori di Pietrasanta" Bruxelles 1994, "II Girasole trent'anni dopo" Palazzo Mediceo Seravezza 1997, "Concorso di idee per l'Augusteo di Roma" Palazzo delle Esposizioni Roma 2000, "Mater Materia" Florida International University 2002.

• Nel 1990 ha realizzato "Torsiotensione" bronzo (m. 4,5h) Consiglio Regionale Lazio Roma. Nel 1992 "Fontanasfera" granito-peperino (m. 20 x 20 x 4h) Piazzale Murialdo Viterbo. Nel 2000 "portaroma" marmo-travertino (m. 15 x 2,2 x 7h) Al RomaNord Piano Romano.

   www.claudiocapotondi.it

 

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